Risonanze

Luglio 2022

Un progetto di accoglienza attraverso i corridoi umanitari

(estratto da: Newsletter Equipe Notre-Dame Regione Nord Ovest A, n. 50 / Luglio 2022)

La triste, crudele esperienza di questi giorni ci interroga: a causa della guerra moltissime persone sono costrette ad abbandonare le proprie case, i propri amici, il proprio lavoro per trovare salvezza altrove.

Partire è una decisione grave, che non si prende a cuor leggero, per spirito di avventura, ma spinti dalla necessità, in cerca di un luogo sicuro in cui vivere.

La situazione dei profughi dall’ Ucraina ci provoca e ci stimola alla generosità ed all’ accoglienza. Ma non possiamo dimenticare o far finta di non vedere che ci sono, purtroppo, altre guerre e tante situazioni simili non lontano da noi, sulle coste del Mediterraneo, nei campi profughi in Turchia, in Grecia, in Libano, in Libia. L’elenco sarebbe ancora lungo.

Ai confini della nostra Europa, talvolta anche dentro i confini, ci sono campi dove i profughi si ammassano a migliaia in condizioni di vita precarie disumane, spesso sono famiglie intere con bambini. Una condizione di vita che, molto efficacemente, è stata detta “sospesa”, in attesa di un futuro.

Ben conosciamo la Parabola del Buon Samaritano (Lc 10, 25-37). Soffermiamoci su alcune frasi chiave: “Un Dottore della Legge disse a Gesù “«E chi è mio prossimo?». Gesù riprese: «Un uomo scendeva da Gerusalemme a Gerico e cadde nelle mani dei briganti, che gli portarono via tutto, lo percossero a sangue e se ne andarono, lasciandolo mezzo morto. Un sacerdote lo vide, passò oltre. Anche un levita vide e passò oltre. Invece un Samaritano vide e ne ebbe compassione. Gli si fece vicino, lo portò in un albergo e si prese cura di lui. Il giorno seguente, tirò fuori due denari e li diede all’albergatore, dicendo: «Abbi cura di lui; ciò che spenderai in più, te lo pagherò al mio ritorno». 

Nell’uomo caduto, senza sua responsabilità, nelle mani dei briganti, possiamo riconoscere i tanti profughi che oggi sono costretti a lasciare la propria terra. Qualcuno (dei briganti secondo la lettera del Vangelo) ha portato via loro tutto e lo ha abbandonato “mezzo morto”. Con gli occhi di oggi e pensando ai profughi nei campi, a queste persone sono stati portati via la casa, il lavoro, un luogo sicuro dove vivere con la propria famiglia, un futuro per i propri figli. Mezzo morto non significa solo la loro condizione fisica (talvolta sono stati vittime di episodi di violenza, patiscono la fame, non hanno quanto necessario per la cura della propria salute) o la condizione di chi ha perso tutto ma, soprattutto, l’incertezza dell’oggi che ha lasciato tracce profonde nel loro animo, veri e propri traumi.

Due sono gli atteggiamenti presentati da Gesù: quello di chi pur avendo visto tira dritto, forse volge altrove lo sguardo, in ogni caso resta indifferente rispetto alla situazione di quel povero, e quello del buon samaritano che lo vede si ferma, si fa carico della situazione di quel povero. Il samaritano non solo soccorre quel povero, lo porta in un luogo sicuro, lo protegge e provvede a lui: mette del suo perché possa avere un minimo di risorse per il presente ed il primo futuro.

L’indicazione di Gesù su chi sia il nostro prossimo è chiara, senza ambiguità. Papa Francesco tante volte, in questi anni, ci ha invitato a non far finta di non vedere, a non rimanere indifferenti, ma ad aprirci a chi è nel bisogno.

Una risposta come quella del samaritano è scelta impegnativa, non si improvvisa, né è frutto di un momento di trasporto, ma è consapevole perché si radica (trova ragioni) nella nostra umanità e nella nostra sequela di Gesù.

Per quanto riguarda la situazione dei profughi che ora sono ammassati nei campi, i corridoi umanitari sono l’inizio di una possibile soluzione. Infatti i corridoi umanitari aprono una porta di ingresso legale in Italia, in Europa: permettono di uscire da questi campi ed entrare da noi, in maniera sicura, protetta. Niente trafficanti di esseri umani, niente rischi in mare sui barconi, niente attese lunghissime chiusi in campi di “accoglienza”. È un ingresso legale, diretto, con un visto umanitario dato dal Governo dopo aver verificato la situazione e i documenti. Spesso riguarda famiglie che non avrebbero i mezzi economici per affrontare questo viaggio e che quindi rischierebbero di rimanere ancora lunghi anni nei campi profughi, in quelle terribili condizioni di vita che molti testimoni e la stessa UNHCR (Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i Rifugiati) ci hanno documentato.

Per dare un’idea quantitativa con i corridoi organizzati dalla Comunità di Sant’ Egidio sono già giunte in Italia oltre 4400 persone. Tante altre sono arrivate grazie a corridoi umanitari organizzati da altri.

Ma una volta arrivati in Italia che fare? Come farsi prossimo?

Gruppi di famiglie si organizzano: già numerose sono le esperienze vive anche qui a Torino e in Piemonte, per accogliere, fare posto, ma anche fare un pezzo di strada insieme.

È un progetto di accoglienza ed integrazione centrato sulle persone, non sui loro bisogni ma sul loro essere persone umane. Un progetto che si costruisce insieme, tenendo conto e rispettando la cultura, le esigenze, le capacità di queste persone, per una nuova opportunità di vita. È un percorso di accoglienza verso l’integrazione nella nostra realtà, nel rispetto dell’identità di chi arriva, e verso l’autonomia.

Innanzitutto offriamo amicizia, aiutiamo nella soluzione dei problemi della quotidianità, dalla casa, all’imparare l’italiano, dall’ambientarsi e conoscere la città, a fare la spesa, dalla frequenza della scuola per i figli, alla ricerca di un lavoro dignitoso.

Come ha scritto don Ciotti, queste persone “portano con sé un carico di bisogni e sofferenze – talvolta veri e propri traumi – che necessitano ascolto e cura, ma anche una ricchezza culturale, un patrimonio di esperienze dal valore inestimabile per chi ha la pazienza e la voglia di incontrarli.”

Le possibilità di collaborare a questo nostro progetto di accoglienza sono tante, tante sono le opportunità! Un gruppo di famiglie che abbiamo voluto denominare “Fratelli oltre il mare” si sta organizzando e sollecita altre adesioni. C’è chi si rende disponibile, anche in base alle proprie competenze ed inclinazioni, per un aspetto della accoglienza, chi per un altro. Nessuno è in grado di affrontare una situazione così complessa da solo, ma in tanti, come una rete, è possibile. Anche la disponibilità a contribuire con una quota mensile è importante, poiché il progetto è totalmente autofinanziato. La famiglia in arrivo nei primi tempi è priva di mezzi e va aiutata fortemente, ma il progetto è verso l’autonomia e quindi ci aspettiamo che gradualmente i nostri amici (intenzionalmente usiamo la parola “amici” e non “ospiti” anche se ancora non li conosciamo) diventino in grado di provvedere a se stessi. L’amicizia creata dalla condivisione del progetto però rimarrà per sempre.

L’accoglienza è possibile, è creativa, è contagiosa.

Non si improvvisa, ma si progetta e sperimenta passo passo … 

Si costruisce insieme. Vuoi darci una mano ?

Monica e Giovanni
Progetto Fratelli oltre il mare
Contatto mail – fratellioltreilmare@gmail.com

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